giovedì 9 ottobre 2008

Alto Adige NON è un ..... "modus vivendi"

Sudtirolo invece di Alto Adige, ma come? Sudtirolo statt Alto Adige, aber wie? È il blog pubblicato da Andreas Fink e Valentino Liberto, candidati Grünen-Verdi-Vërc, al Consiglio Provinciale di Bolzano nel [Blaun] Gesamtsüdtiroler blog del 3 ottobre sotto il titolo Toponomastica /Toponomastik Lo stesso testo è apparso anche il 6 ottobre fra i sotto questo titolo: Opinioni pan-sudtirolesi / Gesamt südtiroler Ansichten I Verdi – i nuovi neofascisti? «Il signor Kollmann (Leserbrief 29.09) desidera e può volentieri sparare contro i suoi nemici preferiti, ma con questa sua ridicola affermazione egli ha definitivamente passato il segno. Probabilmente nel suo zelo gli è sfuggito che le lancette degli orologi continuano a girare e che oggi siamo nell’anno 2008. Che il nome „Alto Adige“ si sia naturalizzato per il suo pluriennale uso ufficiale e si sia così distaccato ampiamente dalle sue radici fasciste è divenuto – purtroppo, per non essere intervenuti prima – un modus vivendi. Noi, che conosciamo i retroscena e che utilizziamo il concetto „Sudtirolo“ (tornando al Tirolo del Sud) dobbiamo ormai accettarlo e dovrà approvarlo anche il Sign. Kollmann. Riconoscendo anche la realtà che questo concetto è stato forgiato negli anni 70 da Langer. In genere non è essenziale, come s’intenda chiamare questa terra/Land ma, invece, che si cerchi di liberarla dalla piaga degli estremisti di destra. Il sign. Kollmann è libero di dirigersi dove i cuori sono neri o marron. Ma non di gettare nel ridicolo la battaglia contro l’estrema destra con affermazioni infondate.» Ora mi permetto prendere posizione come segue: No, caro Valentin(o) «Il nome „Alto Adige“ NON “è ... purtroppo ... un modus vivendi » In merito alla citazione di “sudtirolo” da parte di Kollmann (3 ottobre) – Valentino Liberto candidato al Consiglio Provinciale dei Verdi/Grünen mi ha scritto: “Dica la verità: non si aspettava proprio che io ed Andreas Fink difendessimo “Alto Adige” in funzione dell’attacco sconclusionato di Kollmann che ora si arrampica sugli specchi per dimostrare pseudo-trasformismi da campagna elettorale, ovviamente del tutto infondati.” Rispondo: Caro Valentino, le cose – nel caso Alto Adige - non sono poi così limpide e semplici come ti paiono oggi, ma solo per controbattere Kollmann e Co. Ti ricordi, nevvero, tutta la polemica con me, ancora non affatto assopita, contro il mio concetto di “Alto Adige”= non un’invenzione di Tolomei, non consuetudinaria denominazione napoleonica. L’Alto Adige è il territorio lungo il fiume storicamente più importante, rilevante ed incisivo nella storia della nostra terra. Storia che non per niente esce dalle cronache del Hochmittelalter (alto medioevo) come “Athesis” (e varianti): annotato, trascritto, tramandato a noi posteri da monaci come Goswin di Montemaria (1270 ?) che per primi ci testimoniano l’esistenza, il potere, le vicissitudini delle prosapie locali. E ci offrono già un eloquente quadro dei fitti legami multietnici, pluriculturali e mistilingue che caratterizzano l’epoca della società castellana e signorile. E poi, con il lento emergere dei primi documenti redatti in lingua tedesca medioevale, ecco attestate le definizioni di “Land an der Etsch und im Gebirge” (e varianti) - che coprono il periodo storico pre-tirolese e poi, nel contesto delle enunciazioni della Herrschaft und Grafschaft Tirol, lo accompagnano ai fini dell’enunciazione di questa nostra particolare “terra”, della sua differenziazione dal “Land am Inn, ed anche, in molti casi significativi, della sua sostituzione, spingendosi fino alla fine del XV secolo. Affermare oggi “che il nome „Alto Adige“ si sia gradualmente naturalizzato per il suo “pluriennale uso ufficiale” e così si sia distaccato ampiamente dalle sue radici fasciste ...”. equivale esprimere una visione assai “miope” della storia della nostra Provincia, o Heimat, un’interpretazione fideistica del nostro divenire Volk, che – analogamente alla Fede, che parte da Adamo ed Eva – chiude gli occhi, gli intelletti, il bisogno di approfondimento storico, al glorioso periodo “ante Tirolo” ed alla sua influenza su tutta la storia susseguente, fino a ignorarlo, a contestarlo, a negargli ogni capacità di testimoniare l’importanza del fiume Adige nel divenire della nostra storia. Nessuno può, ne vuole credo, negare l’influenza nefasta dell’imperio fascista nella terra “tirolese” acquisita dall’Italia dopo il trattato di Versailles, né minimizzare i brutali provvedimenti d’ispirazione tolomeiana adottati a danno degli “autoctoni”, e sotto un certo aspetto fa bene il mondo tedesco a ricordarlo negativamente, così come io stesso lo posso testimoniare. Quel “purtroppo diventato un “modus vivendi” è, tuttavia, un‘espressione infelice che non fa che dimostrare l’assoluta mancanza in chi lo ha espresso di una realistica, serena, corretta interpretazione del significato fatti storici tramandatici. Il “purtroppo” è la chiave di lettura del revanscismo pan-tirolese, è l’insegna di chi ancora, a 89 anni dal Trattato Versailles, istiga all’odio nazionalistico, rivendica ancora il “los von Italien”, il “Südtirol ist nicht Italien”, di chi OGGI, come Hans Stieler della “Süd-Tiroler Freiheit” non ha vergogna di usare la Croce a sproposito, alimentando il nazionalismo e la fatale immancabile reazione contro-nazionalista, minando ogni sforzo, ogni buona volontà di una costruttiva, pacifica convivenza che ormai è negli auspici di tutta la popolazione altoatesina, di tutte le etnie. Eccetto coloro che della politica più che di una “missione” ne fa una professione, per “vivere a campa’ sulla buona fede della gente. E bravo il giovane Franco Bernhard, dei „Jungen Grünen/Giovani Verdi” (vedi sotto) che non esita a definire quella di Cristian Kollmann (Süd-Tiroler Freiheit) come « ... una palese fanatica intolleranza contro i giovani che non militano nella stessa trincea dello scrivente. Evidentemente gli manca la consapevolezza che la storia ha proseguito il suo corso e che qui da noi esistono persone che desiderano una rappacificazione e non una continua riapertura delle vecchie ferite. Oggi non si tratta più di combattere particolarmente il fascismo di ieri, che sa Iddio quanti danni ha combinato, ma, piuttosto, è la politica che deve interessarsi dei nuovi nazisti e fascisti, che purtroppo sono progressivamente presenti.» Tu, Valetin(o) affermi invece: « Che il nome „Alto Adige“ si sia naturalizzato per il suo pluriennale uso ufficiale e si sia così distaccato ampiamente dalle sue radici fasciste è divenuto – purtroppo, per non essere intervenuti prima – un modus vivendi » « Noi, che conosciamo i retroscena e che utilizziamo il concetto „Sudtirolo“ (tornando al Tirolo del Sud) dobbiamo ormai accettarlo e dovrà approvarlo anche il Sign. Kollmann. Riconoscendo anche la realtà che questo concetto è stato forgiato negli anni 70 da Langer. » Ma anche tu, mio caro Valentino Liberto, dovrai, prima o poi, renderti conto che il concetto di Alto Adige va sfrondato da tutta la retorica dell’oppressione fascista che ossessiona ancora certi “professionalmente nostalgici pan-Tirolesi”. Il Pan-Tiroleismo è di per sé un sentimento nobile e rispettabile, ma ormai è un fatto personale di chi lo nutre e non è giusto che le gioie ed i dolori che ne derivano vengano quotidianamente riversate come un buon miele, o una cattiva pece, sulle nuove generazioni athesine che (allontanando ogni tentazione di rivangare anche loro altri torti, p. es. quelli delle opzioni, del nazionalsocialismo, del campo di concen tramento di Bolzano) chiedono solo di poter vivere in santa pace così come oggi, concretamente, e non per un modus vivendi, abbiamo la fortuna di vivere. P.S. Lo stesso numero del Dolomiten pubblica nella rubrica “Leserbriefe”: Fascisti Trincee / Schützengraben di Franco Bernhard, portavoce dei Verdi e Candidato al Consiglio Provinciale; Merano Un candidato della Süd-Tiroler Freiheit (Leserbrief del 29. 9.) attribuisce “posizioni filo-fasciste ai „Jungen Grünen/Giovani Verdi”. A onor del vero una simile affermazione si commenta da se e non procura gran danno. Più grave è il comportamento che sta dietro a questo attacco. Una palese fanatica intolleranza contro i giovani che non militano nella stessa trincea dello scrivente.
Evidentemente gli manca la consapevolezza che la storia ha proseguito il suo corso e che qui da noi esistono persone che desiderano una rappacificazione e non una continua riapertura delle vecchie ferite. Oggi non si tratta più di combattere particolarmente il fascismo di ieri, che sa Iddio quanti danni ha combinato, ma, piuttosto, è la politica che deve interessarsi dei nuovi nazisti e fascisti, che purtroppo sono progressivamente presenti. Può darsi che questo sia fino ad ora sfuggito al candidato. Ma allora dovrebbe occasionalmente informarsi in merito presso i „giovani Verdi“/”Jungen Grünen”

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