giovedì 9 ottobre 2008

Alto Adige NON è un ..... "modus vivendi"

Sudtirolo invece di Alto Adige, ma come? Sudtirolo statt Alto Adige, aber wie? È il blog pubblicato da Andreas Fink e Valentino Liberto, candidati Grünen-Verdi-Vërc, al Consiglio Provinciale di Bolzano nel [Blaun] Gesamtsüdtiroler blog del 3 ottobre sotto il titolo Toponomastica /Toponomastik Lo stesso testo è apparso anche il 6 ottobre fra i sotto questo titolo: Opinioni pan-sudtirolesi / Gesamt südtiroler Ansichten I Verdi – i nuovi neofascisti? «Il signor Kollmann (Leserbrief 29.09) desidera e può volentieri sparare contro i suoi nemici preferiti, ma con questa sua ridicola affermazione egli ha definitivamente passato il segno. Probabilmente nel suo zelo gli è sfuggito che le lancette degli orologi continuano a girare e che oggi siamo nell’anno 2008. Che il nome „Alto Adige“ si sia naturalizzato per il suo pluriennale uso ufficiale e si sia così distaccato ampiamente dalle sue radici fasciste è divenuto – purtroppo, per non essere intervenuti prima – un modus vivendi. Noi, che conosciamo i retroscena e che utilizziamo il concetto „Sudtirolo“ (tornando al Tirolo del Sud) dobbiamo ormai accettarlo e dovrà approvarlo anche il Sign. Kollmann. Riconoscendo anche la realtà che questo concetto è stato forgiato negli anni 70 da Langer. In genere non è essenziale, come s’intenda chiamare questa terra/Land ma, invece, che si cerchi di liberarla dalla piaga degli estremisti di destra. Il sign. Kollmann è libero di dirigersi dove i cuori sono neri o marron. Ma non di gettare nel ridicolo la battaglia contro l’estrema destra con affermazioni infondate.» Ora mi permetto prendere posizione come segue: No, caro Valentin(o) «Il nome „Alto Adige“ NON “è ... purtroppo ... un modus vivendi » In merito alla citazione di “sudtirolo” da parte di Kollmann (3 ottobre) – Valentino Liberto candidato al Consiglio Provinciale dei Verdi/Grünen mi ha scritto: “Dica la verità: non si aspettava proprio che io ed Andreas Fink difendessimo “Alto Adige” in funzione dell’attacco sconclusionato di Kollmann che ora si arrampica sugli specchi per dimostrare pseudo-trasformismi da campagna elettorale, ovviamente del tutto infondati.” Rispondo: Caro Valentino, le cose – nel caso Alto Adige - non sono poi così limpide e semplici come ti paiono oggi, ma solo per controbattere Kollmann e Co. Ti ricordi, nevvero, tutta la polemica con me, ancora non affatto assopita, contro il mio concetto di “Alto Adige”= non un’invenzione di Tolomei, non consuetudinaria denominazione napoleonica. L’Alto Adige è il territorio lungo il fiume storicamente più importante, rilevante ed incisivo nella storia della nostra terra. Storia che non per niente esce dalle cronache del Hochmittelalter (alto medioevo) come “Athesis” (e varianti): annotato, trascritto, tramandato a noi posteri da monaci come Goswin di Montemaria (1270 ?) che per primi ci testimoniano l’esistenza, il potere, le vicissitudini delle prosapie locali. E ci offrono già un eloquente quadro dei fitti legami multietnici, pluriculturali e mistilingue che caratterizzano l’epoca della società castellana e signorile. E poi, con il lento emergere dei primi documenti redatti in lingua tedesca medioevale, ecco attestate le definizioni di “Land an der Etsch und im Gebirge” (e varianti) - che coprono il periodo storico pre-tirolese e poi, nel contesto delle enunciazioni della Herrschaft und Grafschaft Tirol, lo accompagnano ai fini dell’enunciazione di questa nostra particolare “terra”, della sua differenziazione dal “Land am Inn, ed anche, in molti casi significativi, della sua sostituzione, spingendosi fino alla fine del XV secolo. Affermare oggi “che il nome „Alto Adige“ si sia gradualmente naturalizzato per il suo “pluriennale uso ufficiale” e così si sia distaccato ampiamente dalle sue radici fasciste ...”. equivale esprimere una visione assai “miope” della storia della nostra Provincia, o Heimat, un’interpretazione fideistica del nostro divenire Volk, che – analogamente alla Fede, che parte da Adamo ed Eva – chiude gli occhi, gli intelletti, il bisogno di approfondimento storico, al glorioso periodo “ante Tirolo” ed alla sua influenza su tutta la storia susseguente, fino a ignorarlo, a contestarlo, a negargli ogni capacità di testimoniare l’importanza del fiume Adige nel divenire della nostra storia. Nessuno può, ne vuole credo, negare l’influenza nefasta dell’imperio fascista nella terra “tirolese” acquisita dall’Italia dopo il trattato di Versailles, né minimizzare i brutali provvedimenti d’ispirazione tolomeiana adottati a danno degli “autoctoni”, e sotto un certo aspetto fa bene il mondo tedesco a ricordarlo negativamente, così come io stesso lo posso testimoniare. Quel “purtroppo diventato un “modus vivendi” è, tuttavia, un‘espressione infelice che non fa che dimostrare l’assoluta mancanza in chi lo ha espresso di una realistica, serena, corretta interpretazione del significato fatti storici tramandatici. Il “purtroppo” è la chiave di lettura del revanscismo pan-tirolese, è l’insegna di chi ancora, a 89 anni dal Trattato Versailles, istiga all’odio nazionalistico, rivendica ancora il “los von Italien”, il “Südtirol ist nicht Italien”, di chi OGGI, come Hans Stieler della “Süd-Tiroler Freiheit” non ha vergogna di usare la Croce a sproposito, alimentando il nazionalismo e la fatale immancabile reazione contro-nazionalista, minando ogni sforzo, ogni buona volontà di una costruttiva, pacifica convivenza che ormai è negli auspici di tutta la popolazione altoatesina, di tutte le etnie. Eccetto coloro che della politica più che di una “missione” ne fa una professione, per “vivere a campa’ sulla buona fede della gente. E bravo il giovane Franco Bernhard, dei „Jungen Grünen/Giovani Verdi” (vedi sotto) che non esita a definire quella di Cristian Kollmann (Süd-Tiroler Freiheit) come « ... una palese fanatica intolleranza contro i giovani che non militano nella stessa trincea dello scrivente. Evidentemente gli manca la consapevolezza che la storia ha proseguito il suo corso e che qui da noi esistono persone che desiderano una rappacificazione e non una continua riapertura delle vecchie ferite. Oggi non si tratta più di combattere particolarmente il fascismo di ieri, che sa Iddio quanti danni ha combinato, ma, piuttosto, è la politica che deve interessarsi dei nuovi nazisti e fascisti, che purtroppo sono progressivamente presenti.» Tu, Valetin(o) affermi invece: « Che il nome „Alto Adige“ si sia naturalizzato per il suo pluriennale uso ufficiale e si sia così distaccato ampiamente dalle sue radici fasciste è divenuto – purtroppo, per non essere intervenuti prima – un modus vivendi » « Noi, che conosciamo i retroscena e che utilizziamo il concetto „Sudtirolo“ (tornando al Tirolo del Sud) dobbiamo ormai accettarlo e dovrà approvarlo anche il Sign. Kollmann. Riconoscendo anche la realtà che questo concetto è stato forgiato negli anni 70 da Langer. » Ma anche tu, mio caro Valentino Liberto, dovrai, prima o poi, renderti conto che il concetto di Alto Adige va sfrondato da tutta la retorica dell’oppressione fascista che ossessiona ancora certi “professionalmente nostalgici pan-Tirolesi”. Il Pan-Tiroleismo è di per sé un sentimento nobile e rispettabile, ma ormai è un fatto personale di chi lo nutre e non è giusto che le gioie ed i dolori che ne derivano vengano quotidianamente riversate come un buon miele, o una cattiva pece, sulle nuove generazioni athesine che (allontanando ogni tentazione di rivangare anche loro altri torti, p. es. quelli delle opzioni, del nazionalsocialismo, del campo di concen tramento di Bolzano) chiedono solo di poter vivere in santa pace così come oggi, concretamente, e non per un modus vivendi, abbiamo la fortuna di vivere. P.S. Lo stesso numero del Dolomiten pubblica nella rubrica “Leserbriefe”: Fascisti Trincee / Schützengraben di Franco Bernhard, portavoce dei Verdi e Candidato al Consiglio Provinciale; Merano Un candidato della Süd-Tiroler Freiheit (Leserbrief del 29. 9.) attribuisce “posizioni filo-fasciste ai „Jungen Grünen/Giovani Verdi”. A onor del vero una simile affermazione si commenta da se e non procura gran danno. Più grave è il comportamento che sta dietro a questo attacco. Una palese fanatica intolleranza contro i giovani che non militano nella stessa trincea dello scrivente.
Evidentemente gli manca la consapevolezza che la storia ha proseguito il suo corso e che qui da noi esistono persone che desiderano una rappacificazione e non una continua riapertura delle vecchie ferite. Oggi non si tratta più di combattere particolarmente il fascismo di ieri, che sa Iddio quanti danni ha combinato, ma, piuttosto, è la politica che deve interessarsi dei nuovi nazisti e fascisti, che purtroppo sono progressivamente presenti. Può darsi che questo sia fino ad ora sfuggito al candidato. Ma allora dovrebbe occasionalmente informarsi in merito presso i „giovani Verdi“/”Jungen Grünen”

domenica 5 ottobre 2008

Klotz cambia i cartelli - Un tocco di Sudtirolo

Klotz cambia i cartelli – Un tocco di Sudtirolo

In un cartello di saluto posto ai margini di una strada statale di un “attuale” (?) valico stradale di montagna, il movimento Süd-Tiroler Freiheit ha coperto il concetto di “ALTO ADIGE” con un adesivo recante la scritta di SÜDTIROL SÜDTIROLO
Ne ha dato notizia anche il “Corriere dell’Alto Adige” che nel numero di venerdì 3 ottobre 2008 sotto la titolazione

La provocazione
Klotz cambia i cartelli – Un tocco di Südtirolo
E pubblica la fotografia dell’evento: il cartellone con i tre protagonisti della “azione”, Christian Kollmann, Eva Klotz e Sven Knoll.

Il “Corriere dell'Alto Adige” così commenta:
«BOLZANO - Cancellare la dizione italiana «Alto Adige» per sovrapporre quella semi-tedesca «Südtirolo», accanto all'immutato «Südtirol», nei cartelli di arrivederci posti al confine della provincia.
È questa l'ultima provocazione pre-elettorale della «pasionaria» Eva Klotz, che nell'operazione di «restyling politico in tour» si fa aiutare da un paio di esponenti del suo partito, Südtiroler Freiheit.»

Inoltre: In un comunicato apparso sulla Tageszeitung del 3.10.2008 Cristian Kollmann, candidato al Consiglio Provinciale per la Süd-Tiroler Freiheit, ed esperto in toponomastica (vecchia nostra conoscenza) ha ritenuto necessario precisare in merito

Ÿ Alto Adige – Südtirolo

Si tratta dell’inizio di una “azione anti Alto Adige”
Con questa sua “azione anti-altoadige” la Süd-Tiroler Freiheit mira a realizzare quanto segue:
1. La Süd-Tiroler Freiheit vorrebbe richiamare l’attenzione non solo degli abitanti della nostra terra, ma anche dei molti turisti ignari che giornalmente passano sul nostro territorio, sul problema della toponomastica inquinata di fascismo, al cui vertice sta il concetto di “Alto Adige”.
2. La Süd-Tiroler Freiheit vuole richiamare l’attenzione sul fatto che la corretta traduzione del concetto Südtirol dovrebbe semmai essere “Sudtirolo”
3. La Süd-Tiroler Freiheit vuole ricordare che il concetto di “Alto Adige” riferito alla Provincia di Bolzano non viene usato né nell’Accordo di Parigi ché nello Statuto di Autonomia, essendo sostituito dalla più lunga forma toponomastica di Provincia di Bolzano”, rispett. “Provincia Autonoma di Bolzano”
Alla Süd-Tiroler Freiheit importa diffondere il seguente messaggio: Südtirol non è “Alto Adige”. L’Alto Adige è e rimane l’etichetta fascista della prima ora. “Südtirol è, semmai, “Sudtirolo”.

Fin qui la cronaca giornalistica.
Alla quale vorrei permettermi di contrapporre alcune considerazioni base, consolidate dall’approfondita analisi dei relativi concetti che Athesis già da quattro anni porta avanti su questo portale. E non me ne nascondo la difficoltà perché mai nella storia delle interpretazioni politico-storiografiche della nostra Heimat sono venute a cozzare fra loro enunciazioni e convinzioni non solo contrapposte, ma anche e soprattutto contraddittorie nei concetti fondamentali della nostra convivenza territoriale.
Proviamo a fissare alcuni punti per una comprensibile interpretazione degli atteggiamenti delle parti politiche ed etniche tirate in ballo.

1) “La provocazione

a) Un tocco di Sudtirolo”, “...un «restyling politico in tour» (Corr.AA);
= un giudizio positivo su una supposta rielaborazione politica e strategica della linea del Partito nei confronti degli italiani? NO: solo un maldestro esperimento, un povero espediente elettorale, nel tentativo di risucchiare, “fagocitare” i tanti elettori italiani che, irresponsabilmente, atteggiandosi a “sud tirolesi”, si sono lasciati strumentalizzare per una politica di acquiescenza al “dominum” della etnia südtirolese.

b) ... toponomastica inquinata di fascismo, al cui vertice sta il concetto di “Alto Adige”.
Pacatamente vorrei ricordare a Cristian Kollmann che il voler cancellare il toponimo di Alto Adige è un “vezzo” che fa parte ormai del DNA non solo della Klotz&Co, ma di tutto il mondo “politico” tradizional-attivista dei Südtiroler, che da anni e anni illumina la scena del nazionalismo sudtirolese.
Nulla di nuovo sotto il sole!

L’associazione culturale Athesis da quattro anni a questa parte mette quotidianamente il dito sulla piaga - che tanto più è una piaga, tanto più è una provocazione, quanto a fornircela sono oltretutto sempre più nostri cari concittadini di lingua italiana, in primis, “senza far nomi”, il nostro esimio, etrusco, Presidente del Consiglio Provinciale che nel suo libro “Südtirol Italia” si diverte ad usare solo e sempre il termine “Sudtirolo”, e poi anche certi editorialisti dei quotidiani locali ed anche gran parte dei media italiani ormai usano abitualmente questo termine, facendo così confermare una tendenza masochista: «L’uso sempre più frequente di “Sudtirolo” anche nella lingua italiana e i tentativi di ufficializzarlo non fanno altro che confermare il successo del nome»» ha scritto, del resto Hans Heiss.
Mi son già chiesto altrove: “Perché in lingua italiana l’opinionista del Corriere dell'Alto Adige ... usa il termine“Sudtirolo” e non “Alto Adige”?.
Mi pare (ma certamente sbaglierò) che i nostri fratelli Südtiroler non amino per nulla attribuire all’elemento linguistico italiano – non peculiarmente “Tiroler” e votato al Sacro Cuore o ammiratore di Andreas Hofer - un termine che finirebbe col considerare “echte Südtiroler” doc anche gli italiani qui immigrati nelle ultime generazioni, siano essi rodigini, volterriani, meridionali, o friulani ecc.
Oggi è molto chic, molto “à la page”, usare “Sudtirolo” (anche perché è più “sexi”, direbbe Kronbichler) al posto di “Alto Adige”. […]

Mi pare di ricordare che recentemente in un’intervista in nostro Landeshauptmann in persona, abbia affermato senza mezzi termini: “gli italiani di qui sono “altoatesini”: nessun italiano sia “sudtirolese”.
Non capisco molto dei sentimenti degli altoatesini di lingua italiana, ma non li ho mai sentiti cantare “Auf zum Schwur Tiroler Land, heb zum Himmel Herz und Hand!” o “ Wie ist die Welt so groß un weit...” o “Zu Mantua in Banden der treue Hofer stand...” ecc.

2. La Süd-Tiroler Freiheit vuole richiamare l’attenzione sul fatto che la corretta traduzione del concetto Südtirol dovrebbe semmai essere “Sudtirolo”
Mi permetto ricordare ad un esperto come Cristian Kollmann che il termine “SUDTIROLO” oggi ufficialmente non esiste. Scrive Hanns Heiss (“Tirol-Trentino/semantica di un concetto”)
Il Trentino, o Sudtirolo "italiano", era invece il complemento op­posto alla parte "autenticamente tedesca" della regione, un'area meno fedele alla nazione, popolata da nomadi senza radici e dall'aggressi­vità latente.
Nel romanzo sulla sua giovinezza, pubblicato nel 1969, Claus Gatterer (1924-1984), giornalista originario di Sesto in alta Pusteria, illustra elegantemente l'uso del termine "Südtirol" limitato al Trentino che si faceva nell'anteguerra: "[...] quando io ero bambi­no e mio padre e mio nonno, parlando di qualcuno, esclamavano 'ma quello è sudtirolese! intendevano che proveniva dal Trentino, dal Welschtirol.
Di là venivano gli ambulanti, gli esattori, gli agenti delle assicurazioni, i segretari comunali, talvolta i medici, i maestri e altri personaggi della burocrazia. Di loro si parlava con tono sarcastico (al contrario di come si parlava invece del vino “sudtirolese”, quel vino scuro e pesante), malgrado la maggior parte di loro parlasse il tedesco [ ... ]. Era inoltre opinione generale che avessero il coltello facile."

Nell’accordo fra De Gasperi e Gruber, firmato a Parigi il 5 settembre 1946 “non sono usati né i concetti di “Südtirol”, né quelli di Alto Adige. L’art. 1 recita:
«Gli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano ...godranno di completa e perfetta eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana...»
Si legge nella “Grande Enciclopedia della politica: La Südtiroler Volkspartei”:
«Circa se mesi dopo la firma di questo trattato, il progetto di Statuto elaborato dalla commissione costituzionale prevedeva, senza neppure aver informato la SVP, l’abbinamento delle due provincie di Bolzano e di Trento nella Regione autonoma...”.
Secondo gli organi di direzione politica della SVP si era operata una violazione dell’accordo, mentre secondo De Gasperi l’unione delle due provincie non sarebbe mai avvenuta contro la volontà dei sudtirolesi.
Il 24 agosto 1948 durante la grande assemblea della SVP a Merano il Segretario generale di quel Partito, Otto von Guggenberg, chiese a gran voce che venisse accettato il “Heimatrecht” (diritto di riconoscimenti di una propria patria) e che quindi la “provincia” non si chiamasse Alto Adige, ma Südtirol.... Il 17 dicembre 1947 la proposta era stata, con altre, consegnata al Prefetto di Bolzano da von Guggenberg ...

Prosegue Hanns Heiss:
«A questo punto la sotto commissione per gi statuti regionali ... si sarebbe risolta a significative concessioni. La provincia di Bolzano otteneva, infatti, l’aggregazione dei Comuni di Egna e Salorno ... Di primaria importanza, naturalmente, i riconoscimento, sottolineato sul Dolomiten del 20-21dicembre 1947, della denominazione tedesca della provincia, TIROLER ETSCHLAND, finalmente condivisa. Di qui la soddisfazione del giornale che, il 31 gennaio 1948, ammetterà il “sensibile miglioramento” del testo...”

Scrive Hanns Heiss:
"Tiroler Etschland" reintroduceva per la prima volta la radice "Tirolo" nel linguaggio giuridico-amministrativo, sebbene prudente­mente stretta fra "Trentino" e "Etschland". "Tiroler Etschland" aiuta­va a eludere il termine "Südtirol", ancora bandito dallo Stato italia­no. La questione del nome da dare alla provincia era già stata discussa all'inizio del settembre 1947, durante i colloqui preliminari sulla fu­tura autonomia che videro affrontarsi i rappresentanti sudtirolesi e il ministro degli esteri austriaco Gruber.
Di fronte alle resistenze da par­te italiana contro l'adozione di "Südtirol" quale denominazione te­desca ufficiale, Gruber osservò: "Al posto di “Südtirol”, che inevita­bilmente presuppone un complemento settentrionale, il “Nordtirol”, si potrebbe forse trovare un altro nome, come Etsch-Tirol o simili."
Alla fine del gennaio 1948, i rappresentanti sudtirolesi Erich Amonn, Otto von Guggenberg e Josef Raffeiner si trattennero a col­loquio con il ministro De Gasperi per oltre due ore; argomento del contendere era la ricerca di una denominazione ufficiale che risultasse ugualmente gradita all'Italia come anche ai sudtirolesi e all'Austria. De Gasperi si disse contrario a ripristinare il nome "Südtirol", soste­nendo che questa soluzione non sarebbe mai stata accettata dalla Co­stituente. Il ministro rifiutò fermamente anche la proposta della delegazione sudtirolese di ribattezzare la provincia con "Tirol an der Etsch".
Infine venne raggiunto un compromesso: la denominazione tede­sca ufficiale per la futura regione sarebbe stata "Trentino-Tiroler Etschland".
De Gasperi si affrettò a precisare che il nome "Südtirol" poteva essere usato "liberamente e apertamente" nella lingua parlata come in quella scritta. Anche l’ambasciatore austriaco Schwarzenberg discusse "per più di un' ora con il presidente del Consiglio italiano; nemmeno “Etschländisches Tirol' gli pareva adeguato; il termine Tirol si è potuto salvare nell' uso ufficiale solo accettando l'odiosa espres­sione di “Tiroler Etschland".
Come ebbe modo di annotare Josef Raffeiner, segretario della Süd­tiroler Volkspartei, molti deputati delle sinistre e del Partito d'Azio­ne che parteciparono alla Costituente avrebbero visto di buon occhio anche la denominazione di "Tirolo meridionale", sebbene non nu­trissero alcuna speranza di vedere imporsi questa soluzione.
Malgra­do tutto, il governo italiano accettava finalmente la radice "Tirol" per denominare la porzione di territorio a sud del Brennero. Facile prevedere che "Tiroler Etschland" non si sarebbe mai affermato; si trat­tava, infatti, di un nome troppo artificioso, troppo riduttivo, poiché escludeva le zone che non facevano immediatamente parte del baci­no dell'Adige, ossia l'alta val d'Isarco, la val d'Isarco e la val Pusteria.
Il momento della riscossa si fece attendere ancora per quasi venti­cinque anni: la denominazione "Südtirol" fu ratificata ufficialmente solo con il secondo Statuto d'autonomia del 1972, anche se accom­pagnata dalla dizione ''Autonome Provinz Bozen", che ne riduceva la portata.
L’adozione del termine "Südtirol" nella pubblicità turistica, nonostante le proteste dell'Ente Nazionale Italiano Turismo, segnò un importante punto di svolta.
Ancora più significativa per la definitiva attestazione di "Südtirol" in senso geografico e amministrativo fu l'istituzione della nuova dio­cesi di Bolzano-Bressanone, deliberata dalla Santa Sede nel 1964. La bolla papale "Quo aptius" (6 agosto 1964) stabilì che la Provincia di Bolzano-Alto Adige/Provinz Bozen-Südtirol avrebbe costituito una nuova diocesi indipendente, circoscrivendo i confini dell'arcidiocesi di Trento entro quelli dell’omonima provincia.
Il provvedimento, tuttavia, decretò il passaggio dei decanati di Li­vinallongo e Ampezzo alla diocesi di Belluno, privandoli anche degli ultimi appigli che li tenevano attaccati al Tirolo, l'antica regione di appartenenza.
La denominazione "Südtirol" per designare l'odierna provincia di Bolzano ha conosciuto dal 1972 una costante affermazione. L’am­pliamento dell'autonomia provinciale, il successo economico e lo svi­luppo culturale della porzione meridionale del vecchio territorio tirolese hanno fatto di questo nome l'emblema dell’orgoglio locale, ma anche di un'inconscia arroganza, una presa di distanza dalle zone vicine.

3. La Süd-Tiroler Freiheit vuole ricordare che il concetto di “Alto Adige” riferito alla Provincia di Bolzano non viene usato né nell’Accordo di Parigi ché nello Statuto di Autonomia, essendo sostituito dalla più lingua forma toponomastica di Provincia di Bolzano”, rispett. “Provincia Autonoma di Bolzano”

Infatti: La denominazione riportata nello Statuto di Autonomia del 1972 (legge costituzionale dello Stato) e nelle successive leggi statali di attuazione è quella di "Provincia di Bolzano" o di "Provincia Autonoma di Bolzano", da accompagnarsi con l'omologa traduzione ufficiale in tedesco ("Provinz Bozen" o "Autonome Provinz Bozen").
Mi permetto ricordare a Cristina Kollmann che:

La COSTITUZIONE DELLA REPUBBLCA ITALIANA recita:
"La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano". L'Ente pertanto utilizza in tutti i suoi atti la doppia denominazione "Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige" (ufficialmente tradotto in tedesco nella forma "Autonome Provinz Bozen – Südtirol").

Athesis è da quattro anni che, “un giorno sì ed un altro pure” ossessivamente pone a chi di dovere nel mondo dei Südtiroler, la domanda:
“Ma perché odiare, discriminare, cancellare ovunque possibile il toponimo Alto Adige, se nel vostro DNA, alle radici della vostra storia, sta, - culla, nucleo, cuore della vostra Heimat - la “terra lungo l’Adige e fra i monti”, la “terra athesis”, das Land an der Etsch und im Gebirge”?
- se il nome di questa realtà storica precede quello dei Tirolo, ma anche lo accompagna come specificazione territoriale per distinguerlo dal Tirolo della Valle dell’Inn, e lo attesta nei documenti più importati della Contea del Tirolo, dalla sua nascita alla sua donazione ai Duchi d’Austria.?

Conclude Cristian Kollmann:

Alla Süd-Tiroler Freiheit importa diffondere il seguente messaggio: Südtirol non è “Alto Adige”. L’Alto Adige è e rimane l’etichetta fascista della prima ora. “Südtirol è, semmai, “Sudtirolo”.

Lasciamo stare Tolomei ed il fascismo, che già tanto hanno fatto soffrire gli “autoctoni” Südtiroler, lasciamo stare il francese “Dipartimento all’Alto Adige”, e rivitalizziamo invece il concetto di “Land an det Etsch und im Gebirge”/”terra athesis”/Terra lungo l’Adige e fra i monti anche sui cartelli di commiato lungo i nostri confini! Ne guadagnerà la nostra bella terra tanto amata ... almeno da chi NON “gioca” a seminar discordia.
E lasciamo l’Alto Adige agli “athesini” ed il Südtirol ai Südtiroler!

A Cristian Kollmann vorrei del resto anche dire:
se vi manca un buon argomento per la campagna elettorale provate a provocare i “Tiroler” nella Valle dell’Inn che usurpano questo termine. Essi sono a tutti gli effetti, semmai dei “NORDTIROLER”, mentre il puro termine di TIROL, patria e culla della dinastia, spetta agli “athesini”.
Che non vogliono essere dei SUB-Tirolesi.

Carlo/Karl Berger

venerdì 3 ottobre 2008

Südtirol = SUB-Tirol

Südtirol = SUB-Tirolo?
In Sudtirolo dopo il 1945 si sviluppò un
profon­do senso di identità subregionale?

Dalla: «Storia del concetto di “Nordtirol”»
di Hermann J. W. Kuprian,(Institut für Geschichte, Univ. Innsbruck)
in “Tirol-Trentino: semantica di un concetto”
in “Storia a Regione” 2000 – Folio Wien/Bozen

Nel 1945/46 ... le conseguenze della propaganda tanto sbandierata dalle autorità politiche sia in ambito nazionale che internazionale, toccando tutti i livelli della vi­ta sociale, possono pertanto essere sintetizzate nel modo seguente:
il termine Südtirol" raggiunse dopo la prima guerra mondiale, so­prattutto per via della minoranza tedesca ivi insediata, una risonanza enorme, un valore simbolico e di supporto all'identità locale che i ter­ritori del Tirolo antico - ossia Nordtirolo e Tirolo orientale - rimasti sotto l'Austria non potevano nemmeno sognarsi.
Peraltro, simili ten­denze a distinguersi non erano neppure nelle intenzioni; a superarle avrebbe provveduto la volontà politica di ripristinare l'unità regiona­le.
Per un po' la storia sembrò imboccare la strada del ricongiungi­mento: con l'annessione dell'Austria alla Germania nazionalsocialista rifiorirono infatti le speranze di un Tirolo unito da Kufstein a Salor­no.
Alla fine, però, avvenne il contrario: dalla riorganizzazione del­l'ex territorio austriaco, dopo la sua adesione al Reich tedesco, nacque il "Gau" del Tirolo-Vorarlberg; il Tirolo orientale venne separato dal Nordtirol e annesso al "Reichsgau" della Carinzia.
Anche se il Nordtirol conservò il monopolio sul nome fino alla riannessione dell'Osttirol (1947), la cui denominazione ufficiale con­tinuava ad essere quella di distretto di Lienz, ciò non ebbe conse­guenze sulla storia del termine.
Il Nordtirol, con la vecchia capitale di "tutto il Tirolo" - come si era espresso Gschnitzer - si riteneva la po­tenza protettrice, il nucleo di tutte e tre le porzioni storiche della re­gione e non ammetteva alcuna manifestazione di (sub)regionalismo individualizzato.
La propensione al regionalismo era peraItro molto più palpabile a livello internazionale e nei confronti di Vienna, laddove "Nordtirol" si confondeva in continuazione con "Tirol", insistendo sul suo ruolo di rappresentante esclusivo del territorio.
A differenza del Nordtirolo, in Sudtirolo e, in misura minore, an­che nel "lontano" Tirolo orientale, si sviluppò dopo il 1945 un profon­do senso di identità subregionale, corroborato non solo da un ormai inarrestabile processo di emancipazione spirituale, culturale e politi­ca da Innsbruck, ma riscontrabile anche nell'uso mediatico e nello sfruttamento economico del nome. [...] ".
La corsa alla stabilizzazione economica e sociale della società del be­nessere così come l'intero processo di avvicinamento degli stati nel­l'ambito dell'Unione Europea hanno rimosso in questi ultimi decenni la patina di costrutto ideologico, di sinonimo di un'unità politica, et­nica o storica, di strumento d'identificazione, che avvolgeva il termi­ne Tirolo.
Oggi si ha piuttosto la sensazione che, quale veicolo promozionale dell'immagine turistica, commerciale, finanziaria, in­dustriale e tecnica di un territorio, esso abbia dato vita a una nuova forma di orgoglio regionale, ma anche a un clima di competitività che alcuni interpretano come una "perdita delle tradizioni", altri invece co­me un' opportunità che può aprire nuove strade.
Il nome "Nordtirol" sembra ormai uscito quasi completamente di scena, mentre il suo cor­rispettivo per la porzione a sud dei valichi di Resia e del Brennero ha conquistato una propria individualità.
Südtirol = SUB-Tirol ?

Aus: Zur Geschichte des Begriffes „Nordtirol“
von Hermann J. Kuprian (Institut für Geschichte, Univ. Innsbruck)
In „Tirol – Trentino : eine Begriffsgeschichte“
In „Geschichte und Region“, 2000 – Folio $ Wien/Bo

1945/46: Die Folgen einer derart breiten und politisch forcierten nationalen wie internationalen Propagandatätigkeit, die sich auf alle Ebenen des ge­sellschaftlichen Lebens erstreckte, lassen sich daher thesenartig folgen­dermaßen zusammenfassen:
Der Begriff "Südtirol" erreichte seit dem Ende des Ersten Weltkrieges vor allem im Zusammenhang mit der Deutschen Minderheitenfrage einen enormen Bekanntheitsgrad, dem die bei Osterreich verbliebenen nördlichen und östlichen "Restgebiete" Alttirols in ihrer subregionalen Bezeichnung als "Nordtirol" und "Ost­tirol'' hinsichtlich einer identitätsstiftenden Funktion nichts Ver­gleichbares entgegenzusetzen hatten.
Dies war allerdings auch nicht beabsichtigt, denn der politische Wille zur Wiederherstellung der Lan­deseinheit sollte über derartigen Tendenzen stehen.
Die Geschichte schien diesem Willen auch kurzfristig Recht zu geben, als mit dem An­schlug Osterreichs an das nationalsozialistische Deutschland die Hoff­nungen auf ein vereintes Tirol zwischen Kufstein und Salurn nochmals aufblühten.
Doch es trat das Gegenteil ein, denn die territoriale Um­gliederung des ehemaligen Osterreich im Verband des Deutschen Reiches schuf den Gau Tirol-Vorarlberg. Dafür wurde Osttirol von Nordtirol abgetrennt und dem Reichsgau Kärnten eingegliedert.
Obwohl Nordtirol damit bis zur Rückführung Osttirols, … im Jahre 1947 gleichsam das Exklusivrecht auf den Namen Tirol besag, ergaben sich daraus ­vermutlich gerade deshalb! - keine weiteren begriffsgeschichtlichen Konsequenzen.
Nordtirol mit der alten Hauptstadt des "ganzen Tirol", wie es Gschnitzer formulierte, betrachtete sich weiterhin in der Schutzmachtrolle und als Kernland aller drei historischen Landestei­le, der keine ausgeprägte Eigenregionalität entgegengestellt werden sollte.
Eine solche erfolgte dafür umso intensiver auf internationaler und bundesstaatlicher Ebene etwa gegenüber Wien, in der sich "Nordtirol" selbst stets mit dem Terminus "Tirol" identifizierte und am Alleinvertretungsanspruch festhielt.
Im Gegensatz zu Nordtirol entwickelte sich indes nach 1945 in Südtirol und - in geringerem Ausmag - auch im "entfernten", geographisch isolierten Osttirol eine wesentlich selbstbewugtere regio­nale Identität, die nicht nur mit einem spürbaren geistig-kulturellen und politischen Emanzi pationsprozeß gegenüber Innsbruck einher­ging, sondern u. a. auch in der Medienlandschaft und in der ökono­mischen Verwertung des Namens greifbar wird. [...]
Der Wettlauf um die wirtschaftliche und soziale Etablierung einer Wohlstandsgesellschaft sowie der gesamte staatliche Annäherungs­prozeß im Rahmen der Europäischen Union rückten unterdessen während der letzten Jahrzehnte des 20. Jahrhunderts den Tirol-Be­griff als ideologisches Konstrukt, als Synonym für politische, ethni­sche oder geschichtliche Einheit und Identitätsmerkmal allgemein in den Hintergrund.
Vielmehr entstand der Eindruck, dag er als Mar­kenname in Fremdenverkehr, Handel, Gewerbe, Industrie und Tech­nik eine neue Form des Selbstbewußtseins, aber auch ein Konkur­renzklima erzeugte, das von

Der Name "Nordtirol" spielt in dieser Entwicklung jedenfalls so gut wie keine Rolle mehr, während sein komplementäres Gegenüber südlich von Reschen und Brenner an Eigenständigkeit gewonnen hat.
a cura di Carlo/Karl Berger
Laboratorio Athesis
ca.berger@libero.it

giovedì 2 ottobre 2008

Carlo Romeo : "Il concetto di ALTO ADIGE"


Da: "Il fiume all’ombra del castello"
Il concetto di “Alto Adige”
di Carlo Romeo
Accanto all'indicazione ufficiale e convenzionalmente onnicom­prensiva di "Alto Adige", la flessibilità nella lingua italiana corrente del distinto uso dei termini "Alto Adige" e "Sudtirolo", "altoatesino" e "sudtirolese", sembra rimandare ad un generalizzato riconoscimen­to della "diversità" di rapporto da parte dei due gruppi linguistici col medesimo territorio e con la sua storia.
(A margine: sarebbe interes­sante indagare sul fatto che in lingua tedesca non esista invece alter­nativa alla definizione un po' burocratica di italienisch sprachige Südtiroler o a quella tradizionale e popolare di Walsche).

A dispetto della natura aggressiva con cui venne teoricamente ela­borato e imposto nell'età dei nazionalismi, il concetto di Alto Adige ha compiuto lungo tutto il secolo un percorso di "depotenziamento" semantico, trasformandosi e adeguandosi alle nuove situazioni di fat­to.

Oggi soltanto nelle polemiche più strumentali e in un distorto uso pubblico della storia, di esso viene evocato l'antico, tolomeiano pro­getto nazionalistico.

Nell'uso e nella ricezione più comuni e diffusi il concetto odierno di Alto Adige appartiene ad una geografia antropi­ca finalmente scevra da finalità rivendicative, associato anzi all'im­magine di una terra plurilingue, di incontro e di convivenza.