giovedì 25 settembre 2008

DUE MONDI ATHESINI CHE DEVONO PARLARSI

Gabriele Di Luca
Quei due mondi sono distinti non si parlano

Mi si permettano alcuni pensieri su quanto l’opinionista Gabriele DI LUCA scrive nell’Editoriale “Corriere dell’Alto Adige “ 24 settembre 2008, sotto il titolo qui sopra citato.

Di Luca conclude così il suo articolo:

«È vero, abbiamo il callo, siamo abituati, as­suefatti a dividere il campo della nostra osser­vazione in ambiti separati e quasi non comuni­canti (di qua i «nostri», di là i «loro»), ma l'impressione che si poteva ricavare da quella pur bella e interessante serata era comunque desolante.
L'Alto Adige e il Südtirol «politici» sono ormai due mondi completamente auto­referenziali, che non si parlano, con ridottissi­mi punti di contatto quando si tratta di capita­lizzare rendite di posizione «etnicamente» in­tese.
Problemi che sono, che sarebbero di tut­ti vengono affrontati in camere separate - al riparo dalla «lingua degli altri» - e poi, in differita, tradotti all'esterno, con formule spesso semplificate.
In questo modo gli italia­ni sono sempre più relegati (spesso per loro stessa iniziativa!) in un angolo dal quale nes­suno di loro sembra volersi più staccare. E tan­to più fanno fatica a spostarsi, tanto più nessu­no li va a cercare. Verranno convocati solo più tardi, quando servirà, se servirà. A cose fatte.

«Gli italiani sono sempre più relegati ... in un angolo dal quale nessuno di loro sembra volersi staccare»
Questa affermazione di Di Luca segue la ormai diffusa usanza di descrivere gli italiani di qui, come un popolo di disagiati” che fa dire p. es. a Lucio Giudiceandrea:
«È del tutto evidente che la maggioranza degli altoatesini si sente e, di fatto, è a “disagio”; “... noi altoatesini siamo appunto spaesati. Le nostre famiglie hanno lasciato le loro regioni d’origine, ma è come se non fossero mai arrivate qui. Ci sentiamo estranei nella (e alla) terra in cui viviamo, tanto quanto i sudtirolesi si sentono di appartenere ad essa. - il nostro “disagio” è il sentimento esattamente contrario alla loro Heimat.»
ed a Riccardo dello Sbarba, analogamente:
« Perché questa è la malattia degli italiani di quassù. C’è poco da fare: quella di non far gruppo, di non avere un’identità comune, né un radicamento. Per questo sono perennemente inquieti e a volte persino ciechi di fronte a tante occasioni che offre il Sudtirolo. ecc. ecc. ...»

Personalmente mi sentirei di dire: “Calma con la generalizzazione”.
Va fatta un’analisi più particolareggiata del mondo athesino: specialmente una netta distinzione fra il mondo rurale sudtirolese, del tutto omogeneamente peculiare, dove
«gli italiani sono esclusi dalla terra e dai beni identitari”...” Sostenuti da una forte presenza dello Stato gli italiani si sentono maggioranza nazionale, sono insediati nei settori più moderni (grande industria e libere professioni), impiego pubblico (una loro esclusiva riserva di caccia), e, specialmente nelle nostre valli e sulle pendici dove fiorisce il fortunato connubio agricoltura e turismo.» (Giudiceandrea).
e la molto importante la società plurietnica, multiculturale, perfettamente bilingue dei centri cittadini (Bolzano, Laives, Merano, Bressanone, Vipiteno e Brunico), dove - in una proporzione sempre meno favorevole agli italiani - per gli effetti di un’economia commerciale e dell’indotto, che coinvolge tutti gli strati linguistici della popolazione, s’è felicemente consolidata una società perfettamente amalgamata in una “proficua convivenza”, non sempre di comodo, fatta anche i vere amicizie fra individui di etnia diversa, e di conseguenza anche di carattere matrimoniali fra elementi delle due diverse etnie.

Sembra pertanto veramente inadeguato affermare che «Quei due mondi sono distinti non si parlano»
La verità è che particolarmente qui
«l’autonomia perde il suo carattere etnocentrico, i gruppi fanno un passo indietro e le persone in carne ed ossa un passo avanti. In questo modo potrebbe farsi largo piano piano l’orgoglio di vivere in una terra plurilingue, in un grande laboratorio di dialogo interculturale».
«Se questa attitudine plurale diventa possibile e istituzionalmente accreditata, credo che in essa possa riconoscersi gran parte degli italiani che vivono in Sudtirolo, insieme a tutti quei tedeschi e ladini che vorranno. (Dello Sbarba)

Orgoglio athesino”:
Il “laboratorio Athesis” da anni ormai insiste nell’esortare “gli altoatesini di lingua italiana - assieme ai “multilingue che politicamente si sentono italiani” (= gli “athesini”) a risvegliare nel loro animo prima di tutto un “orgoglio athesino”, vale a dire la consapevolezza di poter vivere in questa bella terra non in forza di un’occupazione militare ma agli effetti di uno statuto internazionale che ne fa una terra multietnica e plurilingue legittimamente abitata da due(tre) gruppi etnici, e la consapevolezza di potersi fregiare a buon diritto del nome di “altoatesini”, ossia di abitanti di una provincia dal nome “Alto Adige”, non in virtù della “invenzione” di Tolomei, o del napoleonico Dipartimento dell’Alto Adige”, ma in quanto abitanti della “terra lungo l’Adige e fra i monti” /”terra Athesis”/”Land an der Etsch und im Gebirge - come essa si chiamava già 800 anni fa, prima della nascita della Contea del Tirolo e come, accanto alla denominazione di “Grafschaft/Contea di Tirolo, continuava a specificare la sua distinzione dalla altrettanto “tirolese” terra lungo il fiume Inn (Austria).
Ecco perché ATHESIS persiste nell’esortare tutti coloro (immigrati naturalmente esclusi) che vivono onestamente e laboriosamente, con spirito moderato, in questa terra, ad essere fieri della loro “athesinità”, come “stolz auf Südtirol” (fieri del Südtirol) - (Südtirol = parte meridionale dell’ex Bundesland austriaco TIROL) si sentono legittimamente i nostri confratelli di etnia tedesca per aver fatto parte per 550 anni del Tirolo unito = Valle dell’Adige + Valle dell’Inn).

E non si dica” Quei due mondi sono distinti, non si parlano”, che
“L'Alto Adige e il Südtirol «politici» sono ormai due mondi completamente auto­referenziali, che non si parlano, con ridottissi­mi punti di contatto”:
Queste sono le miopie, le deformazioni ottiche di chi non vuole capire che “mangiamo tutti dallo stesso piatto” e che la “greppia è solo una”.
Che ognuno in Alto Adige e Südtirol faccia “solo riferimento a sé stesso” è una constatazione che può rispecchiare la realtà del mondo rurale montano del Südtirol – dominato dal pensiero della inseparabilità del grande Tirolo legato al mito di Andreas Hofer - o dall’altra parte la situazione di
“certi rioni nati per accogliere la mano d’opera italiana per “colonizzare, come dicono loro” il Südtirol. Riguarderà il popolo della sagre paesane dei “rodigini”, i banchetto della sagra di via Aosta, nel cuore della Bolzano “italiana”, in quella via ai margini delle ex Semirurali, dominata dal circolo culturale di AN intitolato al filosofo fascista Giovanni Battista” , dove Durnwalder era andato a cercare la prova dell’esistenza di un gruppo linguistico italiano, delle sue origini. Delle sue radici.(Della Sbarba),
ma non la realtà Altoatesina/Südtirolese nel suo complesso.
Sono ormai più di otto decenni che vivo in questa terra, e oltretutto, come figlio di genitori di contrapposta etnia, ho praticato tutta la mia istruzione in scuole/istituti italiani. Ciononostante ho vissuto in maniera sentita e ravvicinata i conoscenti ed amici di lingua e fede tedesca che frequentavano assiduamente la nostra famiglia, ed anche per la mia passata attività professionale - che mi ha messo in contatto con le migliori famiglie della borghesia moderata italiane e tedesca dell’Alto Adige -,posso tranquillamente testimoniare che non è vero che l’Alto Adige ed il Südtirol siano ormai mondi che guardano solo a sé stessi,
C’è da sempre, in Bolzano città, Laives, ma anche a Merano, Bressanone, Brunico una stretta interdipendenza fra la gente che lavora, che produce, che vende, che compera, che lavora negli uffici e nella scuole, ecc., nel senso che tutti sono convinti che una mano lava l’altra, che gli uni hanno bisogno degli altri, e visto che al mondo non proprio tutti sono dei delinquenti, nascono rapporti di amicizia, di stima, di rispetto, e naturalmente anche matrimoniali fra i due gruppi. E certo che in questo caso non si potrà affatto affermare che “in questo modo gli italia­ni sono sempre più relegati in un angolo dal quale nes­suno di loro sembra volersi più staccare.” Ho una moglie roveretana e posso assicurare che, ne lei, ne i suoi amici italiani qui in Alto Adige non si è mai sentiti relegati in un angolo.
A separare i due mondi è essenzialmente la politica.
I Partiti l’un contro l’alro armati, per etnia e per credo politico, in molti casi per poter sopravvivere hanno bisogno di istigare gli animi.
Questo vale per i Südtiroler che necessitano dello spauracchio di Tolomei per convincere i loro Mitbürger della catastrofe imminente dell’assimilazione, ma vale anche per i partiti italiani che, per far numero con la politica nazionale, ignorano assai spesso la specificità del problema altoatesino, lasciano gli italiani vivere ancora nel loro complesso di inferiorità, nella paura di doversene andare, e mostrano ai propri compatrioti la grinta, il muso duro, per dire: “votate per noi duri e puri, - non per i moderati per carità, - perché noi solo siamo decisi a salvare la italianità dell'Alto Adige.
E non s’accorgono che nel frattempo, a fare loro barba e capelli, capita qui, più borioso che mai, un Calderoli f.f. Bossi, a scompigliare tutte le carte, a dimostrare che non è vero che gli italiani, i mistilingue ed i sudtirolesi non si parlano. “venite qui!” e dal cilindro tira fuori – per le orecchie – il mangia itialiani Atz, - il forzaitalianista repubblicano Bassani, la italiana, o multilingue, o tedesca e fors’anche ladina Elena Artioli. “ Signori lo spettacolo incomincia. Suonano alternativamente la Banda d’Affori e quella degli Schützen di Val Sarentino.” E si odono i colpo a salve dei finti fucili dei cappelli piumati, sul sottofondo del nostalgico canto napoletano “O sole mio”, mentre dai cartelloni ancora profumati di colla la deliziosa o Hara, dai biondissimi lunghi cappelli e dai nostalgici occhi azzurri guarda fiducioso l’azzurro cielo politico: “domani è un altro giorno”.... ed io comando ancora.
E poi vogliono ancora dire che gli italiani ed i tedeschi non si parlano? Come nelle Bürgerlisten in seno ai Verdi(Grünen)?
Credetemi, è giunta l’ora che da tutte la parti si disarmi, che i “moderati” si muovano, che i disperados si godano le nostre belle montagne in santa calma. Per amore della “terra athesis”
Italiani tiratevi fuori dagli angoli, siete athesini anche Voi, come athesini erano e sono i Südtiroler.
Smuovete la vostra apatia e chiedete a grande voce di potervi autogovernate nell’ambito dello speciale statuto di Autonomia per l’Alto Adige. All’interno dei partiti nazionali, seguendo la loro impostazione ideologica, ma senza interferenze di persone estranee alla nostra natura di figli del fiume e dei monti.
Fratelli Südtiroler dimenticate una volta per sempre Tolomei; siamo tutti, Voi come noi, figli del “Land an der und im Gebirge. Lavoriamo tutti per una serena e proficua convivenza (pur nel sempre latente, salubre, conflitto etnico.
Carlo/Karl Berger



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